Reality is weirder than fantasy. In an article from the International Herald Tribune - Italy Daily, Tuesday, October 31, 2000, we learn that Mr. Stefano Lorenzi, from Mondoví (Turin, Piedmont) after staging his kidnapping in Sardinia to fled debtors planned to travel to Naples to find a local mobster willing to kill him as he found himself unable to take his own life. It is really interesting to note he respected all classical stereotypes in his farce, kidnapping in Sardinia, killing in Naples. No more comment is necessary. By the way, Mr Lorenzi is the son of Northern League's senator Luciano Lorenzi.
La realtà supera la fantasia. Apprendiamo dall' International Herald Tribune - Italy Daily di martedí 31 Ottobre 2000, che Stefano Lorenzi, da Mondoví (Torino, Piemonte) dopo aver organizzato il suo falso rapimento in Sardegna per sfuggire ai creditori contava di andare a Napoli dove riteneva di poter trovare un camorrista locale pronto ad ucciderlo. Nella sua farsa Lorenzi ha rispettato tutti i luoghi comuni, rapimento in Sardegna, omicidio a Napoli. Non sono necessari ulteriori commenti. Incidentalmente, Lorenzi è il figlio del senatore della Lega Nord Luciano Lorenzi.
International Herald Tribune - Italy Daily. Thursday, March 23, 2000
Original note here
In a short note we learn the mayor of Monreale, Salvino Caputo, of Alleanza Nazionale, has conferred honorary citizenship to the Savoy. Given the history of our South somebody might thing the fact to be incomprehensible, the very same history, however, has already made clear how "our" southern politicians have never lost a chance to show their sycophancy and disregard for the people they should represent.
International Herald Tribune - Italy Daily. Thursday, 23 Marzo 2000
Original note here
Da un breve comunicato apprendiamo che il sindaco di Monreale, Salvino Caputo, di Alleanza Nazionale, ha conferido la cittadinanza onoraria ai Savoia. Conoscnedo la storia del Sud qualcuno potrebbe pensare che il fatto sia incomprensibile, quella stessa storia, purtroppo, ha già chiarito da tempo come i "nostri" politici meridionali non perdano occasione per mostrare la loro adulazione servile e la totale mancanza di considerazione per il popolo che dovrebbero rappresentare.
Stash Luczkiw writes on the International Herald Tribune-Italy Daily* about an Italian Desaparecido's film titled "Garage Olimpo" by director Marco Bechis, an Italian citizen born in Chile, raised in Argentina, and now living in Milan, himself a desaparecido for a while. From this article we learn that nearly half of the disappeared were of Italian descent, and 150 of them Italian citizens. More disturbingly, we also learn from Mr. Bechis that, "... There were at least 150 other Italians who never reappeared. The Italian government at the time did little to put pressure on the Argentine government. For example, when it was discovered that some German citizens had been abducted, the German government went into action immediately and secured their release through diplomatic means. As an Italian I was a lucky exception." (Mr. Bechis refers here to the fact he was one of the few Italians freed by the Argentinian government, and, obviously, without the help of the Italian government).
Leggiamo sull'International Herald Tribune-Italy Daily un articolo di Stan Luczkiw* su di un film italiano sui desaparecidos in Argentina intitolato "Garage Olimpo" di Marco Bechis, cittadino italiano nato in Cile e cresciuto in Argentina, attualmente a Milano, egli stesso un desaparecido per un breve periodo. Dall'articolo apprendiamo che circa la metà dei desaparecidos era di origine italiana, e circa 150 di essi cittadini italiani. Piú preoccupante è la parte dove il regista Bechis dice: " ... c'erano almeno 150 altri italiani che non ricomparirono. Il governo italiano dell'epoca fece molto poco per essi. Per esempio, quando si seppe che alcuni cittadini tedeschi erano scomparsi il governo tedesco si mosse immediatamente e si assicurò il rilascio dei suoi cittadini per via diplomatica. In quanto italiano io fui una fortunata eccezione". (Bechis fa qui riferimento al fatto che egli fu uno dei pochi italiani liberati dal governo argentino, ovviamente senza l'aiuto del governo italiano).
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*The International Herald Tribune-Italy Daily, 20 January 2000, p.3 (Italy Daily): A Tale of Disappearance, by S. Luczkiw.
Commento agli articoli del Il Mattino del 14 dicembre 1999, pag. 7
Nuova visita di Ciampi a Napoli il 13 dicembre 1999 (per la precedente, vedasi Nazione Napoletana del Novembre 1999) e nuova occasione per la solita retorica ed i soliti luoghi comuni.
Il presidente (che non appena eletto ha sentito il bisogno di precisare di essere il presidente di "tutti" gli italiani, quindi evidenziando che la cosa non è evidentemente scontata) in una visita lampo a Napoli in occasione dell'inaugurazione del nuovo anno accademico all'Università Federico II e della inaugurazione dell'ennesima mostra (filogiacobina) sul 1799, ha tenuto a informarci che: "L'Italia deve ancora impegnarsi a fondo per il Mezzogiorno. E per farlo deve rinnovare gli alti ideali che ispirarono i rivoluzionari napoletani di due secoli fa, e tenere a mente la grande lezione morale della rivoluzione del 1799."
e che: "La lunga e faticosa marcia del riscatto e del progresso sociale del Mezzogiorno italiano è ulteriore dimostrazione del distacco tra ideali e capacità di realizzarli. Il nostro Paese deve ancora impegnarsi a fondo per assecondare quelle aspirazioni, per assicurare il lavoro ai giovani, servizi efficienti ai cittadini, infrastrutture idonee alle imprese che operano nelle regioni meridionali",
continua il Mattino, "E l'energia necessaria va attinta, secondo Ciampi, agli 'eventi di due secoli fa che ci legano ai problemi di oggi attraverso valori essenziali e ormai condivisi da tutti che quella nobile lezione morale ci offre'".
Viene spontaneo domandarsi se il presidente (dal quale ci si aspetterebbe, perlomeno, un po' di senso critico) non sappia di cosa stia parlando, oppure ritiene, magari perché cosí gli dicono i suoi ospiti napoletani, che a Napoli non si conosca la storia napoletana.
I valori sono belle cose (quando ci sono, e se ci sono), e se la Repubblica napoletana del 1799 dovesse giudicarsi solo su quello che si è detto (molto), e non su quello che in realtà si è fatto (poco, e male), allora non ci sarebbe niente da discutere. Del resto lo stesso Ciampi, come praticamente tutti i politici italiani (meridionali o settentrionali, della prima o della seconda repubblica, cosí come quelli fascista prima di loro, e prima ancora quelli "liberali", etc. etc.) quando parlano del sud fanno solo retorica, se cosí non fosse, non saremmo oggi, 140 anni dopo essere stati "liberati" (ancora non si sa bene da che cosa altro, in aggiunta ai nostri soldi, che sparirono) un paese sottosviluppato, cosa che non eravamo (almeno in confronto con il nord Italia) allora.
Sulla consistenza reale della Repubblica napoletana si è parlato a piú riprese su Nazione Napoletana-Due Sicilie, e non è certo il caso di ribadire ancora le stesse cose. Né si ha particolare astio contro di essa, tra l'altro. Non si capisce però perché la si voglia trasformare in ciò che non è mai stata, non fu rivoluzione, permise la spoliazione delle risorse economiche, artistiche, etc. del Regno delle Due Sicilie (almeno della sua parte napoletana) da parte dei francesi (che mai la riconobbero ufficialmente, peraltro), fu cruenta, spesso insensatamente crudele verso chi non volle sostenerla, durò circa cinque-sei mesi, e non ebbe alcun appoggio popolare, fu anzi antipopolare. Insomma, che c'è da glorificare, in sostanza? Niente, il fatto è, secondo noi, che è utile a continuare l'opera di mistificazione e disinformazione che iniziò subito dopo il 1860 (anzi anche prima, grazie alle menzogne dei fuoriusciti napoletani e di Lord Gladstone), in modo che i napoletani dimenticassero la propria storia cosí da doversi rammaricare di non essere nati a Milano, o magari a Torino. Da un presidente "di tutti gli italiani", e quindi anche dei napoletani? (chissà?) ci si aspetterebbe di meglio...
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*Il Mattino, pag. 7. 14/12/1999
Nella rubrica "ditelo al Mattino" del 12 dicembre 1999* è stata pubblicata una lettera del Sig. Francesco Piccirillo di Santa Maria di Castellabate (SA) dal titolo: "Luna Rossa, un miracolo che affonda le radici nella rivoluzione del 1799."
Nella lettera si mette in relazione la bravura di Francesco De Angelis [lo skipper di "Luna Rossa", la barca italiana che compete per la Coppa America], con un presunto passato giacobino (a dire del Sig. Piccirillo) della famiglia De Angelis, originaria di Castellabate, in Cilento. Egli aggiunge, a titolo di merito, il fatto che un antenato di Francesco De Angelis, un tale Francesco Maria De Angelis, galantuomo," mastrodatti" dell'Ammiragliato e generale fu sconfitto dalle truppe borboniche nella piana di Paestum. Il fatto che il galantuomo fosse un militare potrebbe piuttosto far pensare che costui facesse parte dell'ampia schiera di opportunisti che non esitarono a tradire il loro Re (al quale avevano giurato fedeltà) per servire invece il governo fantoccio messo su dai francesi, e quindi indirettamente le stesse truppe di occupazione francesi. Che sia proprio cosí non è comunque accertabile dai dati forniti dal sig. Piccirillo. Resta il fatto che egli combatté di fatto per i francesi contro truppe napoletane. Altro esponente della famiglia, tale Carlo, sarebbe invece stato imprigionato nel 1848 a causa delle sue idee, e poi esiliato in Sud America. Secondo il Sig. Piccirillo, l'antenato dello skipper (l'omonimo) avrebbe lottato per portare il Cilento in Europa, cosí come il velista sta lottando per portare la coppa America in Europa. E non basta, le virtú e le capacità dello skipper deriverebbero direttamente e "geneticamente" da quelle dell'antenato. Peccato che in realtà il 1799 sia servito solo per far arricchire la Francia alle spalle dei Napoletani, e per evidenziare lo scollamento, gravissimo, tra popolo napoletano e "galantuomini", la cui occupazione principale era lo sfruttamento della maggior parte della popolazione (per i giacobini, comunque, neanche degna del nome di "popolo"), e questo non lo scopriamo certamente ora, ma è cosa detta e ridetta, vedasi ad esempio, gli scritti di Rossi-Doria, noto economista del recente passato. E poi forse è meglio lasciar da parte la genetica, che con la trasmissione delle ideologie (indipendentemente dal fatto che le si condivida o meno) non ha proprio niente a che vedere. Il sig. Piccirillo aggiunge poi che, secondo l'avv. Giovanni Agnelli, De Angelis sarebbe un vero "gentleman", cioè galantuomo, trovando cosí un altro parallelo con l'illustre avo. Ovviamente non dubitiamo affatto che lo skipper De Angelis sia un gentleman (o galantuomo), forse però è appena il caso di precisare che non è poi sempre vero che i "galantuomini" del passato fossero poi dei "gentlemen"... abbiamo anche avuto un re "galantuomo", tra l'altro, che galantuomo non lo era davvero (e neppure gentleman), almeno a giudicare anche da quello che si fece qui al sud in suo nome. E poi l'avv. Agnelli non è un esponente del potere industriale (il famoso "triangolo industriale") che da 140 anni sfrutta il sud per il proprio tornaconto?
Mi pare che le vicende della Coppa America sia meglio lasciarle nell'ambito sportivo, e che l'uso demagogico di Francesco De Angelis e di "Luna Rossa" sia perlomeno di cattivo gusto (oltre che privo di fondamento).
Ma non basta. Il Mattino ha ritenuto commentare la lettera, cosí Minno Carratelli ci fa sapere che quando al Teatro Civico di Auckland, sfilando tra gli altri skipper, accompagnato dalle note di "'O sole mio" De Angelis non ha potuto trattenere una smorfia di condiscendenza. Secondo il giornalista ciò era dovuto al fatto che quell'accompagnamento musicale era troppo banale ed oleografico, e perciò "sopra le righe". Forse qualcuno dovrebbe spiegarci perché un napoletano dovrebbe sentirsi a disagio ascoltando tale canzone, quando altre nazionalità ascoltano senza tanti problemi le "loro" canzoni o musiche tradizionali, non tutte musicalmente al livello di "'O sole mio", tra l'altro. Insomma, si ha la sensazione che, tra le righe, ci si debba quasi quasi vergognare di essere napoletani (e piú generalmente, meridionali). Niente di nuovo, per carità, i napoletani, e specialmente quelli che si ritengono "colti", ci hanno abituati da tempo ad avere questa "sensazione". La nostra colpa è di non essere stati abbastanza francesi (nel 1799), ed ora di non essere abbastanza "europei". Il dubbio che tale atteggiamento dimostri poi solo un grande provincialismo non sembra che li sfiori minimamente.
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*Il Mattino, pag. 38. 12/12/1999
Úrdeme cagne/Last Update: 2 nuvembre 2000 gioverí