Ma torniamo a noi. Il dilemma - per chi è chiamato alle armi - è di non fare una magra figura... non credo il problema sia la paura di eventuali ritorsioni… per quello già si è procurato - con i suoi libri - abbastanza inimicizie. Che poi sia un uomo di coraggio lo dimostra il fatto che a dispetto della brillante carriera che aveva davanti, ha preferito la denuncia sociale e la lotta d’opinione, infischiandosene delle conseguenze e, conoscendo l’ambiente italiano, non saranno state poche le minacce velate ed esplicite e soprattutto le ritorsioni ventilate e poi effettuate. Ma da un uomo come lui ci si aspetta un esempio forte, deciso e di ammonimento per tutti.
A proposito di esempi, nell’ottobre del 1956, precisamente il 23, inizia la rivolta d’Ungheria. Il 27 dello stesso mese l’Unione Sovietica, invade Budapest con i suoi carri armati, sparando sulle folle inermi e fucilando i capi della rivolta (si trattava in realtà di un governo democraticamente eletto). L’allora delegato del partito comunista di Caserta, il trentunenne Giorgio Napoletano, nell’esprimere tutta la sua soddisfazione per l’appoggio del PCI all’invasione in Ungheria dell’Armata Rossa, per il bene del proletariato internazionale, cosí come aveva voluto l’allora segretario del partito, Togliatti (detto il migliore… figuriamoci gli altri), colse l’occasione per polemizzare aspramente sia con Giolitti - che poco dopo uscí dal partito - che con Di Vittorio, arrivando ad affermare che l’azione armata era servita a mantenere la pace nel mondo…
non mi dilungo oltre per non cadere nel vilipendio.
Giuseppe Di Vittorio - allora segretario della Cgil - si oppose aspramente all’invasione dell’Ungheria aprendo uno scontro all’interno dello stesso PCI e nel parlamento. Di Vittorio sapeva bene a cosa andava incontro, ma anche lui non ci pensò due volte, perché sapeva da che parte stava la giustizia e la verità. Giuseppe venne isolato, vilipeso e schernito dai compagni (Napolitano compreso), tanto che di lí a poco, il 3 ottobre del 1957, morí in quel di Lecco, allora provincia di Como.
Qualcuno obietterà che Napolitano però è ancora vivo e vegeto e non se la passa poi cosí male, ma io gli rispondo che non sarà mai ricordato dalle generazioni future come lo è Giuseppe Di Vittorio e - se mai si parlerà di lui in futuro - sarà per ricordarlo come colui che ha affossato il futuro degli italiani e che ha contribuito alla rovina dei giovani per favorire gli interessi della finanza e delle banche. Davanti a Peppino Di Vittorio, i piú si tolgono il cappello, chi lo farà con Napolitano? Peppino è stato un esempio per tutti noi e per le generazioni future... e guarda caso, anche questa storia non la si studia a scuola... sarà un caso? Non credo.
Ora c’è da passare dalle parole ai fatti... speriamo che vada tutto per il verso giusto.
Guglielmo Di Grezia
A proposito di ex scritti, che il sottobosco meridionalista sia diventato un ricettacolo di fascisti, ex repubblichini, nazistoidi ed nostalgici destrorsi, lo già scritto in altri articoli in tempi non sospetti. Ma che mi si voglia dare del voltagabbana senza nemmeno sapere di cosa si parla be questa poi......ma in tempi come questi non mi meraviglio più di nulla. Che un personaggio si definisca meridionalista, e poi voglia mettere sullo stesso piano vittime e carnefici (ed anche di questo ho già scritto) sullo stesso piano, be, quanto meno ha le idee confuse. O forse, e credo che questo sia (...)