di Domenico Massarini - da Calabria Ora 13 marzo 2011
lunedì 28 marzo 2011
Lo scrittore, sceneggiatore, attore, Gregorio Calabretta sarebbe stato annoverato tra i nomi piú altisonanti della letteratura neorealista se ne
avesse fatto parte; non avrebbe certo sfigurato al cospetto d’un Moravia
o d’un Pasolini, da sempre alla ricerca obiettiva della cruda realtà.
Di quel vissuto narrato senza ricercatezze formali, privo di ornamenti ed
orpelli retorici. Un letterato, dunque, che avrebbe fatto a pugni con il
Cervantes ed i suoi cavalieri immaginari, con l’Ariosto, evocatore
d’un mondo mai esistito, ma che continua a farsi strada con la sapienza
e la preparazione d’uno storico infatuato, stregato dallo sconfinato
emisfero del passato. Di chi la storia la conosce e cerca di
rappresentarla più simile possibile alla realtà.
E’ il trascorso dei nostri avi, sono le vicende del passato a stuzzicare
la sua inesauribile fantasia. La stessa che l’autore utilizza per creare
delle avventure da proporre a teatro. “Il mio approccio con quel mondo
fu alquanto casuale ed ora mi porta dal teatro Rendano fino alla Bocconi,
dove il 5 maggio rappresenterò il mio ultimo lavoro “Aspettando ancora
Garibaldi”.” Una pièce che ripercorre i trascorsi d’una terra, “la
nostra”, asserisce l’autore natío di Stalettí, che si porta dietro un
retaggio difficile da cancellare. Lo stesso che i libri di scuola
continuano a propinare ai nostri giovani. Quello viziato da falsità, da
menzogne somministrateci con l’obiettivo di ingannare.
“ L’Italia dei Savoia aveva bisogno di figure romantiche, di
cavalli bianchi e camicie rosse, anche a scapito della nostra identità
culturale; oggi c’è bisogno di capire se quei cavalli erano davvero
bianchi e se quelle camicie fossero davvero tutte rosse”.
Parlavamo degli inizi, “Sí” continua l’autore, “scrissi un testo
nel 1993 per 24 alunni d’una scuola di Soverato, dove insegnavo; le
critiche furono cosí belle che da allora ho continuato a scrivere senza
fermarmi” Infatti da allora ha scritto 28 spettacoli, testi che hanno
totalizzato oltre 1.300 repliche che hanno totalizzato nella regione,
davvero un bel primato per questo artista calabrese.
“Il mio obiettivo primario”, puntualizza, “è quello di far emergere
il lato positivo del Meridione”. Di quel sud da sempre bistrattato,
umiliato, offeso, da chi non conosce la realtà dei fatti, da chi cerca di
gettare la colpa su una parte della Penisola che in tempi remoti fece la
fortuna di questa nazione. “Basti ricordare”, suggerisce lo scrittore,
“i periodi che precedettero l’unità: nel 1859 ogni lavoratore
meridionale pagava mediamente 5 tasse, per l’importo di 12 lire
procapite. Dopo il 1861 le tasse pian piano divennero 28, per un importo
medio di 34 lire a lavoratore. Da allora il Sud offriva introiti anche al
Nord. Eravamo analfabeti, sí, è vero, proprio perché il cittadino
meridionale era dedito al lavoro. Per questo motivo non ci fu concesso di
votare: non sapevamo né leggere, né scrivere, a differenza dei
settentrionali (al nord un elettore ogni 12 aventi diritto al sud 1 ogni
38). Ma tutti, qui, avevamo a disposizione il giusto necessario per
sopravvivere. Ma con l’avvento dei Savoia tutto fu spinto verso il
Nord.”
Ed allora la domanda sorge spontanea: Qual è obiettivo della sua
rappresentazione che porterà fino alla Bocconi?
L’artista, senza andare troppo lontano con la memoria, risponde, citando
le parole del fondatore del Premio Strega, Leonida Repaci: “Dobbiamo
iniziare ad alzare la voce, facendo capire ai nostri giovani ed al mondo
che abbiamo le capacità per far bene ed il modo è uno soltanto: fare
ciascuno il nostro dovere, basterebbe questo.”
Poi spiega la provocazione inserita nel titolo dell’opera “Aspettando
ancora Garibaldi”
“Non c’è alcun bisogno d’aspettare un altro Garibaldi, perché
impareremo a tirarcele da soli le castagne dal fuoco.”
Il suo pensiero sulla Lega? “Se al Nord conoscessero la vera storia del
Regno d’Italia, ci guarderebbero in modo diverso, ne sono sicuro. Ma loro
oggi lavorano, non hanno tempo di leggere, e noi invece studiamo. Cosí
Calabria e Basilicata esprimono il maggior numero dei laureati in Italia,
in proporzione agli abitanti.
‘Na vota l’unu, Commendatò”