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Sull’aborto anche l’Italia ha il suo Alabama: si chiama Molise

di Chiara Lalli (Wired.it)
domenica 19 maggio 2019

C’è una regione italiana in cui il 71.9% (su 23) degli anestesisti sono obiettori di coscienza: perché a nessuno sembra importare che un servizio sanitario sia offerto a singhiozzo?

Quant’è il 96% di 27? Anche senza avere confidenza con numeri e statistiche è abbastanza facile rispondere: quasi tutti.
Ovvero, un solo ginecologo su 27 non è obiettore di coscienza. Siamo in Molise. Quel ginecologo si chiama Michele Mariano e dirige il Centro regionale (unico) per la procreazione responsabile (Legge 194/78).

Ci sono molti modi per ridurre o eliminare un diritto. Si può cambiare la legge oppure, più discretamente e indirettamente, trovare un modo per rendere la sua applicazione sempre più incerta.

I dati dell’attuazione della 194 diffusi dal ministero della Salute che riguardano l’obiezione di coscienza sono abbastanza impressionanti (“Tabella 28 – Obiezione per categoria professionale nel servizio in cui si effettua l’Ivg, 2017”). Il Molise è la regione con la percentuale più alta di obiettori e con una sola struttura, il Cardarelli di Campobasso, dove si esegue l’interruzione volontaria della gravidanza.

Com’è possibile garantire un servizio quando solo l’1% del personale non sceglie di obiettare? Come sarà la vita di quell’unico medico? C’è qualcosa che non ha funzionato nell’applicazione dell’obiezione di coscienza? E ancora: per quale motivo gli anestesisti dovrebbero poter fare obiezione di coscienza? Perché secondo l’articolo 9 della legge 194 l’obiezione di coscienza “esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza”, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento.

Non sembra che la legge preveda l’obiezione di coscienza per una qualche complicità morale, vera o immaginata, all’interruzione della gravidanza. Eppure il 71.9% (su 23) degli anestesisti sono obiettori, e il 90.8% (su 99) del personale non medico – questo sempre in Molise, il nostro Alabama.

Quando e perché abbiamo cominciato a interpretare quelle azioni “specificamente e necessariamente dirette” in modo tanto disinvolto? E perché a nessuno sembra importare che un servizio sanitario sia offerto a singhiozzo e un po’ dove capita? Cosa succederà quando i pochi non obiettori andranno in pensione?

Le domande sono sempre le stesse. Le risposte sono spesso evanescenti. E la sorpresa indignata è la più inutile delle reazioni. Non c’è niente di nuovo infatti, né in Molise né in Alabama. Stamattina ripensavo a George Tiller, ammazzato 10 anni fa, e ai tanti medici che vengono aggrediti, insultati, minacciati.

Qui almeno siamo meno aggressivi. Ci limitiamo a erodere un servizio sanitario e a commentare che fortunatamente quel dolore necessario che è per forza ogni aborto volontario non lo abbiamo subito. Forse potremmo cominciare da qui. Da questo vittimismo falso e lagnoso. Da questa convinzione paternalistica e sbagliata che per ogni donna decidere di abortire è necessariamente un dolore che è impossibile consolare. Dalla ripetizione di commenti e dalle mani avanti, come nessuna donna vuole abortire. L’aborto, se volontario e scelto, è sempre moralmente irreprensibile.

di Chiara Lalli
Filosofa e giornalista, il suo ultimo libro è "A. La verità, vi prego, sull’aborto"
17 MAY, 2019


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