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Il default non è un’opzione per la Grecia? Ma lo è per l’Italia

Ma la Grecia no

di Uriel Fanelli - da Kein Pfusch®
lunedì 20 febbraio 2012

Un punto di vista alternativo sulla crisi greca... la Grecia non ha la scelta del default secondo questo articolo, mentre per l’Italia potrebbe essere un’opzione vantaggiosa.

Ma la Grecia no.

Scritto da Uriel Fanelli (dal blog Kein Pfusch®)

L’abitudine di cercare le suggestioni fa sí che l’italiano stia vivendo questa crisi come un grande film dal quale si aspetta emozioni. Poiché si aspetta emozioni, guarda quanto avviene in grecia concentrandosi sui fatti eclatanti. Quindi adesso si va cianciando di Grecia in default , come se fosse l’Italia o l’Irlanda, quando per la Grecia il default è proprio l’opzione impossibile da seguire. Rimango un convinto sostenitore del default per nazioni come Italia, Spagna ed Irlanda (e probabilmente anche la Francia), ma la Grecia non può. Vediamo il perche’ con alcuni fatti economici.

Il PIL totale della grecia e’ di 318 miliardi . Normalizzato, 309.

per verifica: http://en.wikipedia.org/wiki/Economy_of_Greece , CIA Factbook

La composizione è circa la seguente:

Servizi: 78% del PIL, di cui 40% sono servizi pubblici.
Industria: 18%
Agricoltura e pesca: 3.6%

Andiamo per gradi, perché ci sono delle brutte sorprese. Per prima cosa esaminiamo il discorso dell’agricoltura.

L’agricoltura greca, insieme alla pesca, impiega il 12% della forza lavoro. È un settore sostenuto da finanziamenti europei. Senza tali finanziamenti, il rapporto tra 12% della forza lavoro e il 3.8% del PIL è una gran brutta notizia.

Significa, appunto, che il 12% delle famiglie (1.230.000 di persone) dovranno accontentarsi di appena il 3.8% del PIL. Poiché parliamo di 16 miliardi, senza fondi europei fa un reddito procapite di 12.000/anno circa.

L’industria fa il 18% del PIL. Stiamo parlando di 57 miliardi, circa una provincia come Padova. Essa dà lavoro al 22% della popolazione, cioè sfama 2.420.000 persone.(1) Questo significa che attualmente il PIL procapite dell’industria greca è di circa 23.000/anno.

Sfortunatamente, l’export totale della Grecia (compreso il turismo) fa 22 miliardi per anno, meno del 10% del PIL . Quindi, il 60% di quei prodotti rimane in casa. (vedremo dopo cosa significa) .

Per fare un paragone, quello dell’italia è 458 miliardi per anno, circa il 28% del PIL.

L’import della grecia fa invece 43 miliardi. Il che significa che i greci importano piú di quanto esportino. (vedremo poi cosa significhi alla voce "svalutazione").

Per fare un paragone, l’import italiano è di 458 miliardi per anno (circa in pareggio), ancora il 28% del PIL.

Il settore dei servizi è abbastanza variegato. Ci sono i servizi marittimi che sono importanti e pesano il 6%, c’è l’amministrazione pubblica che pesa il 40%, c’è il turismo che pesa circa il 16% del PIL, poco meno dell’industria e che sfama il 15% della popolazione greca.

È fondamentale avere questi numeri per capire quanto la "modern money theory", o qualsiasi altra teoria si applichi in seguito ad un default, possano fare per i greci.

Abbiamo detto che immediatamente gli addetti all’agricoltura piombano nella fame nera, con un reddito da terzo mondo. Fine dei fondi UE, reddito a 12.000/procapite. Metà del reddito procapite medio nazionale. Stiamo parlando del 12% dei greci che piombano nella povertà.

Serve a qualcosa svalutare? No. L’agricoltura greca è stata convertita (grazie ad un gigantesco flusso di fondi europei) ad una agricoltura intensiva negli ultimi anni. Questo la rende dipendente dalla filiera dei fertilizzanti, delle macchine agricole, della chimica in generale e delle sementi ad alto rendimento.

Inoltre, nell’agricoltura l’offerta NON È elastica: se anche svalutate del doppio, non è che abbiate il doppio dei prodotti: se non altro perché non c’è time to market.

Non appena si svalutasse, è vero che i prodotti greci sarebbero piú attraenti, ma sfortunatamente i carburanti per l’agricoltura, i trattori, le macchine agricole, i prodotti chimici come fertilizzanti ed altro e le sementi andrebbero comprate all’estero. Nella moneta piú forte. E no, non si può compensare producendo di piú: le terre sono quelle. Risultato: disastro.

L’industria greca è principalmente industria marittima, telecomunicazioni e petrolifera. Questo spiega il basso tasso di esportazioni a fronte di un grande import: la grecia non produce NULLA di quanto serve per queste tre industrie. NON ha grossi produttori di elettronica o telefonia, non ha petrolio ma lo compra e le sue azende petrolifere sono delle mere distillerie(2), non ha acciaio per le navi ma lo compra.

A che cosa serve svalutare? Serve a rendere costosissime le materie prime, facilita su un export piccolissimo (22 miliardi), rende devastante l’import notevole dei greci (44 miliardi su 319 di PIL). Uccide immediatamente il petrolifero greco e l’industria delle telecomunicazioni, e costringe l’industria navale ad andarsene.

E sui cittadini? Nella condizione in cui si esporta cosí poco, si importa molto rispetto al PIL, si puo’ considerare valida l’equazione inflazione=svalutazione*(1+D), dove D è il rapporto tra il disavanzo commerciale e il PIl greco. Significa che i greci hanno un disavanzo di 21 miliardi, che fa il 6.5% del PIL, quindi facciamo inflazione=svalutazione*1.06

Svaluti del 50% . Bene: domani i prezzi si alzano dello 53%. I cittadini, anche se esistesse la scala mobile, ci rimetterebbero il 3%. Nelle condizioni greche, nella svalutazione della moneta i cittadini greci ci perdono, anche se tutti i prezzi seguissero, il 6%.

Molti dicono: ma i greci possono vivere di turismo. Mettiamoci i numeri, allora.

Per il turismo ho bruttissime notizie. Il turismo greco dà lavoro al 15.6% della popolazione , cioè sfama 1.710.000 greci, e ha un PIL del 17% della Grecia, cioè circa 54 miliardi per anno. Significa che il reddito procapite nel turismo, in grecia, è assai alto: 31578 /anno procapite. Piú alto della media nazionale.

Il valore alto del reddito procapite, e relativo potere d’acquisto, è il punto di forza del turismo greco. E voi volete svalutare, cioè togliere potere d’acquisto rispetto alle merci straniere.

Il turismo fornisce PIL in due modi: commercio al dettaglio (shopping &Co.) e lavoro. Se consideriamo che il commercio al dettaglio e tutte le facilities sono importate (condizionatori, televisioni, tutto quanto serve insomma) , l’unico vantaggio della svalutazione è di abbassare il reddito relativo delle persone.

Avrete cioè che il prezzo di una permanenza è alto per ogni cosa materiale (hotel, ristoranti, trasporti, shopping), ma diventa basso per i servizi di pura manodopera: il reddito degli addetti e la prostituzione. Effetto Thailandia.

Quello che stiamo svalutando, cioè, è il punto di forza del turismo greco: il reddito procapite. I lavoratori del turismo in grecia, cioè, sarebbero quelli che pagherebbero la svalutazione. Poiché le infrastrutture continuerebbero ad acquistare beni e servizi in euro o dollaro dall’estero, la competitività verrebbe tutta dal differenziale tra il potere d’acquisto dei redditi DEGLI ADDETTI GRECI.

STATE FACENDO "DUMPING" sul VOSTRO PUNTO DI FORZA.

Complimenti, genius.

Ma supponiamo anche di voler fare della Grecia la Thailandia del Mediterraneo. Abbiamo appena ridotto in miseria il 12% della popolazione delle campagne che si riversa in città (ottimo per la prostituzione e per i lavori poco qualificati), e che abbiamo picchiato duro l’industria e il commercio, aumentando il disavanzo import/export mediante il rapporto di cambio. In una ipotesi ottimistica ove l’industria mantiene l’equilibrio attuale (non si vede come regga il deficit commerciale, ma va sognamo pure) , facciamo di dover recuperare "soltanto" i disoccupati del 2011: il 20.9%.

Piú i nuovi poveri, gli agricoltori: il 12%. Fa circa il 33% della forza lavoro.

Dobbiamo cioè triplicare il GDP del turismo, cioè il numero di turisti in Grecia.

Attualmente si tratta di 17.5 milioni di presenze ogni anno (Non tanti: per fare un paragone: la sola città di Venezia ne ha 29.300.000/anno http://www.istat.it/dati/catalogo/20041116_00 ) occorre "solo" che ne arrivino 3 volte tanti.

Significa, in definitiva, quadruplicare le infrastrutture turistiche e dei trasporti della Grecia.

E occorre farlo in una condizione in cui il manufatturiero greco è quello della provincia di Padova, si importa praticamente tutto, compresi autobus, aerei, pezzi di ricambio per automobili e automobili, e la dracma l’hai appena svalutata. Dove li trovate gli investimenti, o i prestiti, dopo essere falliti? Come triplicate le infrastrutture? Fate dormire i turisti nei letti a castello?

Questi investimenti non possono arrivare, perché:

State per svalutare la moneta. Nessuno è cosí fesso da buttare soldi nel tritacarne, neanche i cinesi.
Avete il secondo tasso di corruzione del mondo e tasse enormi. Nessuno investirà da voi.
Avete la quarta economia piú ingessata da monopoli nel mondo. Nessuno investirà da voi.
Se cambiaste le prime tre voci, avreste fatto proprio quello che chiede la UE, e tanto varrebbe rimanere nell’ Euro per salvare l’agricoltura e la pesca.

Morale della storia: sono un sostenitore del default italiano e di quello irlandese e spagnolo. Anche la Francia farebbe bene a ristrutturare. Ma alcuni paesi, come Grecia e Portogallo, non hanno ALCUN beneficio nella svalutazione, anzi hanno dei forti danni. Inoltre, con dei manufatturieri deboli e un’economia basata su servizi NON esportabili, come quelli statali, non aumentano affatto la loro attrattività svalutando.

Il settore agricolo greco è sovraesposto all’abbandono della UE, quello industriale è praticamente succube delle importazioni, con la sola eccezione di quello marittimo, che però è un settore legato al commercio e quindi soffre la svalutazione per via dell’inflazione che produce.

La Grecia NON PUÒ mandare affanculo la UE. È per questo che la stanno usando per dare l’esempio: la Grecia NON HA SCELTE.

È molto diversa la situazione dell’italia: con un equilibrio commerciale quasi perfetto (428 miliardi contro 429, o giú di lí) si tratta di un paese praticamente, per dirla come i fisici "adiabatico". È probabilmente l’unico posto al mondo ove la modern money theory potrebbe essere applicata in condizioni MOLTO vicine a quelle teoriche.

Anzi: l’elasticità del mercato dei prodotti che l’italia vende è migliore di quelli che compra, e i prodotti italiani hanno un time to market apprezzabilissimo. Il che significa, essenzialmente, che nella PEGGIORE delle ipotesi la svalutazione NON cambia nulla. Nella migliore, l’elasticità di quel che vende è piú alta di quel che compra. Significa che essenzialmente le esportazioni crescerebbero piú di quanto diminuirebbero le importazioni.

Ed è per questo che per l’ Italia c’è il trattamento speciale col governo fantoccio mentre la Grecia è il grande esempio per tutti: si tratta di un condannato che non può sottrarsi alla punizione esemplare, mentre l’Italia potrebbe fare ciao ciao a tutti, uscire dall’euro, svalutare, e rimanere in equilibrio: import uguale all’export, nel cambio tanto ci perdi e tanto ci guadagni. Ma ti sei liberato di 1000 miliardi di debito.

Capisco lo scalpitare dei sostenitori della modern money theory: si tratta di una teoria di difficilissima applicazione, tranne in casi rarissimi. E i casi, anzi IL caso, è proprio l’ Italia. Nemmeno l’Argentina si trovava in condizioni cosí perfette per l’applicazione di una simile teoria. LA grande massa dell’import e dell’export li rende stabili, ma contemporaneamente c’è equilibrio quasi perfetto, se non per un 2 per mille del PIL. Roba da niente.

UPDATE: Ci sarebbe da discutere sul concetto di "default", invece, cosa che nessuno fa. Lo dico perché i greci stanno trovando un accordo per tagliare il 70% del debito, in accordo coi creditori "senior". Questo significa che di fatto stanno defaultando circa quanto l’ Argentina. Solo che i creditori guarda caso sono contenti di questo e hanno già recuperato gli investimenti per via degli interessi altissimi dell’ultimo anno.

Con questo voglio dire che una volta portato in Europa il debito, volendo sarebbe possibile una serie di ristrutturazioni del debito. All’Italia ristrutturare il debito del 30-40% potrebbe già andare molto bene, a patto di ricapitalizzare ancora le banche. Il confine tra "default" e ristrutturazione molto pesante, come quella che sta avvenendo in Grecia, è assai labile: percentuali alla mano è un default ancora piú pesante di quello argentino, tuttavia la modalità lo trasforma in una cosa diversa.
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(1) Continuo a fare il rapporto sul totale della popolazione.
(2) Non è come ENI che ha le mani sui pozzi, per intenderci.


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