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UN VIAGGIO INEDITO NEL MARTORIATO MEZZOGIORNO E UNA TESI CONTROCORRENTE: LA RINASCITA DEL PAESE PARTIRÀ DAL PROFONDO SUD

Noi terroni salveremo l’Italia

Intervista a Pino Aprile - Panorama 23.11.2011
giovedì 1 dicembre 2011

Noi terroni salveremo l’Italia

UN VIAGGIO INEDITO NEL MARTORIATO MEZZOGIORNO E UNA TESI CONTROCORRENTE: LA RINASCITA DEL PAESE PARTIRÀ DAL PROFONDO SUD.

DI PINO APRILE

Dopo il best-seller «Terroni» (30 ristampe in un anno), Pino Aprile (sotto) torna con «Giú al Sud» (Piemme, 308 pagine, 18 euro).

Perché i terroni salveranno l’Italia, come racconto in Giú al Sud? Perché sono i piú interessati (ma non i soli) a farlo. Alcune cose sono divenute piú chiare, nel Paese, con l’ascesa al potere della Lega nord e l’adozione di una politica ai danni del Sud, che l’ha subita inerte e persino partecipe. La parte del Paese già pesantemente penalizzata (taglio di 1.000 chilometri di ferrovie in
70 anni; esclusione dai piani di sviluppo autostradale, a parte la Salemo-Reggio Calabria; dell’alta velocità, degli aeroporti) è stata ulteriormente impoverita con
la sottrazione dei fondi a essa destinati, e con i quali sono stati pagati investimenti
al Nord, multe degli allevatori padani disonesti, il terremoto dell’Aquila e altro.
Ed è ripresa l’emigrazione da sud, con flussi simili a quelli degli anni 50 e 60: l’lstat ha contato, nei 10 anni fino al 2008, 700 mila emigrati; 122 mila nel solo 2008. Tantissimi i laureati, con corsi di studio eccellenti, esperienze all’ estero.
L’lstat misura macrofenomeni, a me tocca, per mestiere e passione, spiare l’erba che cresce, per capire quali piantine diverranno alberi. Per il mio Terroni, ho girato per il nostro Mezzogiorno come mai in vita mia, negli ultimi due anni: centinaia d’incontri e paesini di cui ignoravo pure l’esistenza. Ho scoperto che una maggiore e piú diffusa sensibilità, nel Meridione, era maturata da tempo. Il mio libro è stato solo uno degli strumenti per rivelarla.
Questa nuova consapevolezza si manifesta nella creazione di iniziative culturali. politiche, economiche (magari piccole, ma il seme piú piccolo è quello dell’albero piú grande, il baobab). A dare vita a tali fermenti sono quasi sempre giovani di ottimi studi che talvolta rifiutano offerte lusinghiere al Nord e all’estero, convinti di poter migliorare la propria condizione con quella della propria terra. È un’ onda che si sta alzando, questa di chi non se ne va, tanto che l’etnologo Vito Teti la studia (Una antropologia del restare) come fosse una nuova tribú, quella della «restanza».
E proprio nella regione piú povera, la Calabria, è piú forte: la piú numerosa associazione antimafia ("E adesso ammazzateci tutti"): la piú vasta rete di associazioni culturali, volontariato, cooperative di lavoro, con ambizioni e programma politico ["lo resto in Calabria"): la proliferazione di iniziative giornalistiche antimafia, magari con blog personali, di coraggiosi venti-trentenni (in nove mesi, 25 «attenzionati» dalla ’ndrangheta, con auto bruciate, minacce, proiettili per posta), come narrano i colleghi Gigi Di Fiore e Attilio Bolzoni.
L’ltalia fu unificata, 150 anni fa, con la spoliazione del Sud (distrutte industrie e commerci, svuotate le banche) e la trasformazione in «colonia interna», come Irlanda o Scozia. Il Mezzogiorno fu ridotto in stato di minorità (e oggi si cancellano persino i poeti e autori del Sud dai programmi ministeriali per i licei), nacque la questione meridionale, che prima non esisteva: lo commenta il Consiglio nazionale delle ricerche. Tale sistema, pur squilibrato, portò il nostro Paese fra i primi 10 del mondo. Adesso è superato e dannoso.
Ma chi ne trae vantaggio, il Nord, non ha interesse a cambiarlo; chi ne è penalizzato sí. Per questo, come accaduto in Irlanda, in Scozia e altrove, ci si muove per riequilibrarlo. Un’Italia piú equa, invece di impoverirsi nel conflitto fra le sue parti, può correre piú forte tutta insieme.
E perché dovrebbe partire oggi e dal Sud? Fu una percentuale fra l’1 e il 2 per cento della popolazione a fare l’unità d’Italia: erano professionisti (avvocati, professori, giornalisti), specie in Lombardia, Veneto, cui l’Austria dava poche possibilità di esprimere le proprie doti, dirigere. Essi crearono, allora, la propria impresa e la compirono: l’unità; ancora oggi sono maggioranza in Parlamento.
Un fenomeno analogo muove oggi il Sud. Se ci riuscirà (io, da quel che ho visto, ci credo, e lo racconto), avremo un’Italia migliore. -

Panorama, 23 novembre 2001


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