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non si può parlare di Unità se...

La festa dei 150 anni dell’Italia contrassegnata da troppe ritualità e poche verità

di Nicola Manfredelli - da Il Giornale Lucano 27 aprile 2011
domenica 8 maggio 2011
Nostro commento: Finalmente una voce contro le becere celebrazioni del centocinquantenario dell’occupazione piemontese (poi ribattezzata "unità") si alza anche in Basilicata, la cosa ci riempie di soddisfazione (anche se a noi non è apparso evidente lo spirito critico delle celebrazioni lucane attribuito dall’autore al presidente regionale De Filippo). Michele Mulieri e la sua “Repubblica Assoluta“ ovvero “Repubblica del Tricolore” ovvero “Repubblica dei Piani Sottani“, del dopoguerra (in un periodo nel quale l’emigrazione dalle regioni del Sud ridiventa fenomeno di massa), rappresenta senz’altro un fenomeno di protesta e di presa di coscienza, ma non è un caso unico nella storia lucana, quasi un secolo prima quella stessa presa di coscienza fu fenomeno di massa in Basilicata, tra coloro (la maggioranza) che non poterono trarre vantaggio dall’occupazione coloniale piemontese, allora li chiamarono briganti, oggi sarebbe piú giusti chiamarli patrioti (quelli veri) e partigiani.

La festa dei 150 anni dell’Italia contrassegnata da troppe ritualità e poche verità

di Nicola Manfredelli - da Il Giornale Lucano 27 aprile 2011

Se recriminare serve a poco o a niente, è altrettanto vero che perseverare negli errori è alquanto deludente e desolante.
Pur senza mettere in discussione il valore dell’unità del nostro paese, lamento, in occasione della ricorrenza del 150° anniversario dell’unità, l’insufficiente attenzione delle istituzioni e degli organi di informazione, verso gli aspetti che hanno finora impedito di costruire una solida comunanza tra le diverse aree della nazione. Le cronache dei telegiornali hanno mostrato le immagini scintillanti dei grandi festeggiamenti di Torino, Firenze, Roma. E basta! E a Napoli, a Bari, a Palermo, perché lo stato e gli organi di informazione pubblica non hanno impegnato le stesse risorse e gli stessi mezzi? Sono interrogativi che
si sommano alle perplessità dettate dagli atteggiamenti della Lega Nord e di alcuni settori del governo, che non bisogna banalizzare od occultare dietro le ritualità di una festa incapace di far compiere dei passi in avanti sul terreno dell’indispensabile riequilibrio economico e sociale tra il sud e il nord.
Questione correttamente riproposta anche dal governatore, Vito De Filippo, nel corso del Consiglio regionale dedicato all’unità d’Italia, ma se si va sul sito del governatore del Veneto, Luca Zaia si trova scritto che “...le regioni meridionali vogliono rifarsi il look con i soldi del nord e che il parametro della povertà delle famiglie del sud non passerà mai perché significa portar via altro denaro al nord”.
Altroché. La verità è, invece, come ha scritto Lino Patruno, quella di “...un divario territoriale che dovrebbe far vergognare i Cavour e i Garibaldi. Perché con questo anniversario chi può dire davvero di c’entrarci poco è il Sud. Non si può parlare di Italia unita se il treno da Bari a Milano ci mette 12 ore, da Bari a Napoli cinque, da Catania a Palermo quattro, con tutta l’alta velocità al Nord. Non si può parlare di Italia unita se al Sud ci sono mille chilometri di ferrovie in meno del 1938, se il 70 per cento delle linee non è elettrificato, se il doppio binario è un lusso, se Matera continua a essere l’unica città italiana senza ferrovie dello Stato, se i treni puliti sono una pretesa stravagante e i bagni non otturati una eventualità. Non si può parlare di Italia unita se al Sud le autostrade sono a due corsie e non a tre, non hanno l’asfalto autodrenante e si fermano molto prima dei centri da raggiungere. Non si può parlare di Italia unita se al Sud c’e il triplo delle interruzioni per l’acqua, il triplo per l’energia elettrica e occorre il triplo del tempo per avviare un’attività. Non si può parlare di Italia unita se tutte le ricche fondazioni bancarie sono al Nord. Non si può parlare di Italia unita se l’Istituto italiano di tecnologia è a Genova, l’Agenzia per l’innovazione a Milano, l’Agenzia per la sicurezza alimentare a Parma, la conferenza del Mediterraneo a Milano. Soprattutto non si può parlare di Italia unita se, a parità di condizioni, al Nord si guadagna 100 e al Sud meno di 70. Se al Sud c’e una disoccupazione tripla e un giovane su tre non ha lavoro. Non si può parlare di Italia unita se le famiglie povere del Sud sono il doppio. Non si può parlare di Italia unita se questo divario in 150 anni si è allargato anziché ridursi”.
Di fronte a tale quadro, piú che festeggiare e celebrare Giuseppe Garibaldi, noto massone, che fu eletto parlamentare nel collegio di Corleto Perticara senza essersi mai recato, neanche in campagna elettorale nel paese lucano, forse è piú giusto stare dalla parte di una figura come Michele Mulieri, arguto e fantasioso personaggio del mondo contadino lucano, allorché dichiarò l’indipendenza della “Repubblica dei Piani Sottani”, su un territorio di quattromila metri quadrati, e una popolazione di venticinque anime, al bivio di Grassano per Matera.
Michele Mulieri non era contro l’unità dell’ Italia, ma era spinto da autentico sentimento di orgoglio lucano e di rivendicazione verso uno Stato piú giusto, che invece, per molti versi, ancora oggi rispecchia quanto Mulieri stesso scrisse al Presidente della Repubblica: “In questo marciume non posso piú stare per la legge dei compari. Tutto voglio abbandonare, chè la bella Italia è dei grandi industriali“.


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