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’A fine d’’e tracche

I mille movimenti meridionalisti

di Antonio Pagano - dal blog Napolitania
lunedì 15 novembre 2010

I MILLE MOVIMENTI MERIDIONALISTI

Hanno fatto ’a fine d’ ’e tracche:
tant’ammuina e po’ dint’â munnezza

A Napoli son tutti convinti che non esiste un napoletano fesso, tant’è che generalmente si dice "ccà nisciuno è fesso". Eppure i napoletani sono stati fatti fessi da tutti quelli che sono sbarcati nella Città. Dagli antichi romani, ai bizantini, agli aragonesi, agli spagnoli, tranne il periodo d’oro dell’indipendenza con Casa Borbone, tutti son venuti a derubarci o a sfruttarci.
Questi invasori erano, per cultura, di gran lunga inferiori ai nostri antenati, eppure li (ci) hanno calpestati come e quando gli faceva comodo. Per ultimi, poi, i piemontesi, un popolo che piú ladro, corrotto e vile non ce n’era, che però da 150 anni ci tiene, in condizioni servili, ingabbiati in questo sedicente Stato "italiano". Eppure, in tutti questi anni, mai dai politici del Sud vi è stata una valida e legittima azione politica (son tutt’altra cosa i 10 anni della resistenza dal 1860 al 1870) per liberarci da questa micidiale coltre "risorgimentale" che annienta ogni vitalità e costringe ad un aberrante sottosviluppo, a cui solamente l’indipendenza potrà porre rimedio.
Ora ci facciamo "fessi" anche da soli: centinaia - sembra - sono la babele dei partiti politici che hanno come loro obiettivo politico - dicono - il benessere, ripeto il "benessere" del Sud, ma nessuno che parli di indipendenza o faccia qualcosa di concreto in senso politico per ritornare ad essere arbitri del nostro destino. La conseguenza è che sono sempre gli altri a decidere per noi.
Il movimento neoborbonico, antesignano di un possibile riscatto, si è sin dall’inizio incatenato in una sua nicchia da cui può emettere solo vagiti nostalgici e fare inutili sceneggiate, col solo scopo di farsi "vedere" e nulla piú. Anch’io ho finito, da tempo di credere in questo movimento, e quando mi son reso conto che, con la recente invenzione di un "Parlamento delle Due Sicilie", costoro volevano solo "giocare a fare i patrioti", ho davvero aperto gli occhi. Avrebbe dovuto, questo sedicente Parlamento, tanto per cominciare, darsi una mossa per reclamare dal governo "italiano" la restituzione dei territori abruzzesi (Tornimparte e Cicolano) e campani (Terra di Lavoro e le isole del Golfo di Gaeta) sottratti al Sud ed annessi al Lazio dal savojardo Mussolini e, non ottenendoli, rivolgersi al Tribunale internazionale dell’Aja. Del resto, a Terzigno, sono stati i popolani ad avere le palle bruciando la bandiera italiana, i neoborbonici non farebbero mai azioni del genere: sarebbero troppo rischiose e si azzardano solo a sollazzarsi agitandosi contro il plebiscito.
Questo sterile comportamento soltanto folkloristico produce, in tal modo, effetti deleteri sulla pubblica opinione. Ma tant’è, questa è la gente che agisce a Napoli sin dai tempi di Masaniello: tanta ammuina, ma po’ fernesce ’int’ â munnezza.
Questo dunque la sostanza dell’attuale pensiero politico revanscista napoletano.
Era stato fatto anche un "partito del sud", un nome che è tutto un programma, ma anche questo si è dimostrato un’altra "sceneggiata napoletana": tante inutili parole, in realtà ognuno si agita per superare l’altro e fatti nessuno.
Questo tipo di mentalità, tra il goliardico e il demenziale, in occasione del 150° anniversario dell’ingresso del pirata Garibaldi coi suoi "mille" in Napoli, è quella che ha fatto andare in scena la cancellazione, sulle targhe di alcune strade importanti della Città, i nomi di Garibaldi, Vittorio Emanuele e Umberto I, mettendo al loro posto quello di alcuni briganti. Poi, per avere anche un effetto di colore, sono state messe bandiere padane tra le mani delle statue di Vittorio Emanuele, in piazza Plebiscito, e di Garibaldi e del gruppo dei "mille" nell’omonima piazza, nei pressi della Stazione centrale. Cosí, paghi di aver suscitato lo stupore, i "patrioti" hanno chiuso la loro giornata gloriandosi, soddisfatti dello spettacolo, con gli amici davanti a na bella tazzulella ’e cafè. E chi s’è visto s’è visto.
Poiché sono quasi vent’anni che si assiste sempre alle stesse sceneggiate o a conferenze varie, a numerosi libri su come eravamo bravi, ricchi e potenti, è scomparsa anche la speranza che costoro nel tempo maturassero il loro modo di pensare (o di agire) e diventassero piú adulti con azioni concrete, non necessariamente cruente. Pazienza per l’inutilità di questi gesti, ma il fatto è che tutto questo sconcerta la nostra gente che non trova, in queste azioni autoreferenziali, stimoli seri per alimentare il senso di appartenenza comune per la nostra Terra. Per questo il popolo da tempo ormai non crede piú di poter svincolarsi concretamente dalle catene "risorgimentali" nella considerazione che ha a che fare con elementi improponibili e che non vi sono ancora leaders veri e credibili.
Uno squallore, insomma, una politica da vicoli, senza via d’uscita e sommamente confortante per il sistema che ci opprime e che ha la conferma che, con questa gente come oppositori, può campare tranquillamente per altri 150 anni.
La conseguenza di tutto ciò ha causato una totale frantumazione politica del Meridione, fatto che, nel vano tentativo di combattere anche il dominante e devastante fenomeno leghista, spinge alla nascita di movimenti soprattutto "geografici" che si ispirano a valori e ideali di interessi localistici, non dell’intero Meridione, ma ovviamente velleitaristici e defatiganti.
La nostra unica speranza è che vengano fuori nostri veri leaders prima che tutto il Sud venga "disgregato" in modo irreversibile dall’avanzante federalismo imposto dai verdi buzzurri.

Antonio Pagano


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