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dipende da fattori di tipo storico e non psico-antropologico

La corruzione nell’Italia post-unitaria

da Homolaicus.com
domenica 29 agosto 2010

... "Non avendo mai avuto l’Italia unificata un impero coloniale equivalente a quello inglese o francese, ma avendo anzi dovuto creare al proprio interno una colonia (il Mezzogiorno) con cui far decollare lo sviluppo industriale del centro-nord, la politica ha dovuto svolgere sin dall’inizio una funzione di compromesso con cui rassicurare gli agrari del sud che i loro interessi non sarebbe stati minacciati, permettere una facile carriera politica o amministrativa o militare agli intellettuali meridionali, trasformare questi intellettuali, in agenti, diretti o indiretti, del capitalismo, contro gli interessi dei contadini del sud, che andavano velocemente trasformati in operai per le fabbriche del nord." ...

... "La politica italiana ? altamente corrotta anche perch? i politici hanno in genere una formazione cattolica, che per sua natura, essendo basata su valori quali obbedienza, gerarchia, centralismo..., ? antidemocratica e amorale."

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Gli italiani si lamentano spesso del fatto di avere politici altamente corrotti, specie quelli del parlamento nazionale. Il fatto stesso di prendere stipendi dieci volte superiori a quelli di un operaio medio ? considerato sufficiente per screditare anche il pi? onesto di loro.

Tuttavia la corruzione non ? un male endemico al solo nostro paese. La SugarCo nel 1987 pubblic? un poderoso lavoro di J. T. Noonar, Ungere le ruote, in cui l’autore la faceva risalire addirittura al 3000 a.e.V., come caratteristica saliente di tutte le civilt? antagonistiche.

L? dove esiste un potere politico gestito da una ristretta minoranza, l? c’? sempre corruzione. Quanto pi? l’economia su cui si basa questo potere ? ricca, tanto pi? ? forte la corruzione. Sono praticamente leggi di una natura perversa. E in Italia abbiamo avuto degli esempi davvero eclatanti: dalla Banca Romana, ai tempi di Crispi e Giolitti, allo stragismo rimasto impunito, alla P2, al caso Moro, a Mani pulite, al pi? recente berlusconismo.

Il fatto che i nostri politici siano particolarmente corrotti non deve indurre a pensare che il popolo italiano sia peggiore di altri popoli. Anzi, considerando la netta separazione che vige nel nostro paese tra politica e societ?, si potrebbe pensare che gli italiani, fin quando non s’interessano di politica, sono un popolo altamente morale e che eventualmente diventano immorali quando cercano di difendersi, a titolo individuale, dalle prepotenze dello Stato; in tal caso infatti, poich? comunque lo Stato chiede d’essere pagato e obbedito, il cittadino pi? furbo scarica sul pi? ingenuo il costo e i doveri di quanto lui stesso dovrebbe sostenere.

Le spiegazioni che generalmente si danno a questo increscioso fenomeno, che offre di noi un’immagine assai poco lusinghiera, ineriscono a fattori di tipo storico e non psico-antropologico.

  1. Lo Stato centralista e autoritario ? stato visto sin dall’inizio come una forma di tradimento nei confronti delle istanze democratiche che avevano portato all’unificazione nazionale. La societ? civile, nel suo complesso, pur essendo stata caratterizzata da momenti di forte contestazione (come durante il Biennio rosso degli anni Venti, la Resistenza e il Sessantotto, durato circa un decennio), si ? come rassegnata a questo quotidiano sopruso della politica. I tentativi di decentrare i poteri dello Stato hanno fino ad oggi conseguito modestissimi risultati (regioni a statuto speciale, una pi? marcata regionalizzazione in talune materie di competenza statale). Attualmente si sta vagliando l’idea di realizzare un federalismo fiscale, dopo aver varato quello demaniale. Si teme tuttavia che accanto all’idea di federalismo, la politica voglia trasformare la repubblica da parlamentare a presidenziale, col pretesto di voler bilanciare il peso del decentramento dei poteri, che, se troppo forte - si dice - rischierebbe di compromettere l’assetto nazionale. Inoltre si teme che se col federalismo non si rinuncia sul piano nazionale a molte strutture dell’assetto politico-istituzionale, il cittadino finir? col pagare due volte, per cui un qualunque federalismo calato dall’alto non far? che peggiorare la sua situazione finanziaria. D’altra parte ? assurdo pensare che la politica voglia rinunciare spontaneamente ai propri privilegi.
  2. L’Italia ha fino ad oggi avuto una politica altamente corrotta perch?, essendo il nostro un paese che ha cominciato ad arricchirsi notevolmente solo a partire dal boom economico del secondo dopoguerra, la politica ? sempre stata vista come una forma di arricchimento alternativa a quella tipicamente industriale-commerciale (industriali prestati per cos? dire alla politica sono sempre stati da noi molto pochi: questo ? anche uno dei motivi per cui non ? mai esistita una legge sul conflitto d’interesse). Nel nostro paese i politici possono anche avere origini socialmente modeste: l’importante ? che non mettano in discussione la linea del loro partito, il quale viene ad essere considerato come un padrino che permette di fare carriera. In cambio viene chiesto di far approvare in parlamento cose che possono anche non essere personalmente condivise. Da questo punto di vista, anche se a un cittadino pu? apparire contraddittorio, a un parlamentare risulta abbastanza normale passare da uno schieramento perdente a un altro vincente, oppure che vari partiti minori possano sciogliersi e fondersi in uno nuovo, o anche che un partito possa cambiare periodicamente denominazione, al fine di mostrare un aggiornamento di sostanza. Quello che conta non ? l’idea ma il potere e per conservarlo l’opportunismo ? la regola.
  3. Non avendo mai avuto l’Italia unificata un impero coloniale equivalente a quello inglese o francese, ma avendo anzi dovuto creare al proprio interno una colonia (il Mezzogiorno) con cui far decollare lo sviluppo industriale del centro-nord, la politica ha dovuto svolgere sin dall’inizio una funzione di compromesso con cui rassicurare gli agrari del sud che i loro interessi non sarebbe stati minacciati, permettere una facile carriera politica o amministrativa o militare agli intellettuali meridionali, trasformare questi intellettuali, in agenti, diretti o indiretti, del capitalismo, contro gli interessi dei contadini del sud, che andavano velocemente trasformati in operai per le fabbriche del nord. E cos?, mentre i politici settentrionali sono l’espressione esplicita degli interessi della borghesia industriale e commerciale, i politici meridionali sono invece l’espressione di una borghesia rurale poco competitiva o di un ceto impiegatizio che cerca di estorcere allo Stato padre e padrone quanto pi? possibile (dai diplomi e carriere facilitati all’assistenzialismo, agli investimenti a fondo perduto, che tante cattedrali nel deserto hanno edificato). A volte i politici possono anche essere l’espressione di una criminalit? organizzata, cio? di un ceto storicamente di estrazione rurale che vuole arricchirsi sulle spalle della borghesia del sud e del nord. La criminalit? organizzata, che ? molto diffusa in Italia, proprio perch? la colonia da sfruttare ? stata tutta interna alla nazione, rappresenta il modo pi? violento, sicuro e veloce di diventare borghesi senza averne le caratteristiche fondanti, che sono quelle tipiche dell’imprenditore industriale. Oggi la criminalit? organizzata pu? essere considerata una delle componenti essenziali della corruzione della politica nazionale.
  4. La politica italiana ? altamente corrotta anche perch? i politici hanno in genere una formazione cattolica, che per sua natura, essendo basata su valori quali obbedienza, gerarchia, centralismo..., ? antidemocratica e amorale. Questi valori si possono riscontrare persino nei grandi partiti della sinistra, che non a caso venivano definiti (e in parte lo sono ancora oggi) delle "chiese laiche".
    Per secoli la cultura cattolica ha concepito il potere solo per il potere, pur mascherando questa esigenza con discorsi di tipo etico-religioso. La politica come servizio, gli ideali umani della politica, la politica come espressione del diritto universale spesso non sono che finzioni del pi? volgare cinismo.
    La formazione cattolica ? anche alla base di quella cultura idealistica che considera imparziale lo Stato rispetto agli interessi delle classi sociali contrapposte. Ora, ? evidente che per conservare questa forma di illusione, i politici si sentono autorizzati a qualunque cosa, proprio perch? essi sanno di far parte di un establishment indipendente da una naturale alternanza di governo. I politici parlamentari raramente, per motivi democratici, hanno rinunciato spontaneamente ai loro privilegi prima di aver raggiunto i massimi benefici possibili, che permettessero loro un’esistenza agiata anche al di fuori della politica. Gli inquisiti cercano addirittura di non uscire mai dalla politica. La politica o ? una lucrosa professione o ? un salvacondotto per la propria impunit?. Chi rinuncia spontaneamente alla politica ? perch? gi? dispone di un’attivit? molto redditizia, salvo eccezioni naturalmente.
    Un altro aspetto della formazione cattolica sta nella ideologizzazione dello scontro politico, nel senso che agli interessi nazionali spesso vengono opposti quelli particolari di una chiesa, di un territorio, di una lobby economica o finanziaria, di un partito politico, di una coalizione di potere. Anche se formalmente lo Stato viene presentato come equidistante, interclassista, nella sostanza invece viene usato come strumento fondamentale per coltivare interessi corporativi (di casta, di cricca). Uno Stato che alla resa dei conti ? autoritario e centralista, facilmente sviluppa una societ? indifferente alla politica e tendenzialmente anarchica, disposta a rispettare le leggi solo formalmente. E’ dunque evidente che quanto pi? la democrazia viene vissuta passivamente, tanto pi? la politica e con essa la societ? si corrompono.

Fatta questa lunga premessa, si possono ora proporre alcune semplici "ricette" contro questo virus apparentemente ineliminabile della corruzione politica, la quale poi, nell’ambito del capitalismo, ? solo un riflesso di quella economica.

  1. Decentrare al massimo i luoghi decisionali, secondo questo criterio proporzionale: va riconosciuto tanto pi? potere quanto pi? le realt? territoriali, in cui esercitare la democrazia, sono piccole o circoscritte, delimitate geograficamente. Le istanze superiori servono per confrontarsi, non per prendere decisioni, a meno che i delegati non siano stati espressamente autorizzati a farlo da parte delle loro comunit? di appartenenza.
  2. Va riconosciuto un potere politico effettivo a quelle realt? territoriali in grado di dimostrare d’essere economicamente autosufficienti, cio? non dipendenti da forniture esterne, essenziali alla loro sopravvivenza. I mercati hanno senso solo per lo scambio delle reciproche eccedenze.
  3. Qualunque carica politica andrebbe considerata temporanea, rivedibile o ricusabile in qualunque momento, soggetta a frequente controllo. Nessuno va considerato insostituibile, inamovibile, al di sopra di ogni critica.
  4. Una democrazia deve essere strutturalmente diretta e autogestita e solo provvisoriamente pu? essere delegata.
  5. Una democrazia ? diretta e autogestita quando il suo soggetto decisionale ? un organo collettivo eletto da una comunit? precisa di riferimento.

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