Ricerche


What's scantu?

di G.Cannella-A.M.Bramante*

La psichiatria attuale si sta orientando verso un ambito di riflessioni episte- mologiche e di ricerca particolarmente stimolante che implica delle aperture nei confronti di altre scienze umane come la sociologia, l'antropologia, l'etnologia (Ancora,1997). Il rapporto tra dimensione culturale e realtà psicologica tende sempre piú ad essere letto e valorizzato secondo un'ottica transculturale: i disagi, i disturbi mentali e le relative modalità di cura vengono studiati collegandoli all'insieme dei prodotti materiali (modi di produzione, tecniche, strumenti, oggetti...) e simbolici (credenze, religioni, miti, idiomi...) che ogni gruppo umano sviluppa nel suo rapporto con l'ambeinte circostante (Coppo, 1996).

La Sicilia crocevia e crogiolo di varie civiltà e culture, da quella fenicia e greca fino alla cultura araba e normanna, ha arricchito nel corso dei secoli la sua cultura popolare di elementi magici caratteristici che risentono dell'influenza del pensiero occidentale, africano ed orientale. Si tratta di elementi che si presentano in tutta la loro complessità come fenomeno che non può essere riduttivamente svalutato come un insieme di superstizioni che fa presa su strati sociali marginali della popolazione (Guggino, 1978).

Il mondo delle credenze magiche in Sicilia va invece recuperato e reinterpretato come parte imprescindibile di una tradizione comunitaria simbioticamente articolata con la stessa natura dell'uomo (Calandra e Pulvirenti, 1991).

In questo mondo è presente l'idea che all'origine di diverse malattie vi sia uno scantu: questo termine significa letteralmente improvvisa paura, forte spavento. Scantu talora indica la susseguente malattia e/o la relativa terapia (Alagna, 1985).

Uno scantu è sempre provocato da un evento fortuito, imprevedibile ed imprevisto: la vista di un animale, lo sbattere violento di un cancello, una caduta da una sedia o dal letto; sono ancora causa di scantu l'apprendere una notizia spiacevole, l'assistere ad una rissa o ad un incidente stradale, il subire una minaccia o un rimprovero... Ogni esperienza accidentale, in sostanza, può costituire una ragione di scantu.

Uno dei disturbi che allo scantu sembra rapportarsi in maniera significativa è a virmina, nota anche come "i vermi" o "sindrome da vermi". A virmina rappresenta una forma di parassitosi intestinale. I vermi "che tutti abbiamo" sembrerebbero avere la loro sede naturale nell'intestino, dove stanno sonnolenti e inoffensivi finchè uno scantu non li sommuova facendoli migrare in alto verso lo stomaco e l'esofago. La rappresentazione magica di questa malattia non è una costruzione del tutto fantastica, ma sia in termini confusi, una eleborazione di informazioni in parte dipendenti dalla medicina ufficiale (ossiuriasi, ascaridiasi). Non sempre, comunque, casi di vermi, verrebbero diagnosticati come tali dai medici, ed anzi, in un numero elevato di casi, non si riscontrano parassiti o loro uova nelle feci delle persone interessate (Guggino, 1986). La "sindrome da vermi" interessa soprattutto i bambini e meno comunemente gli adulti. Di solito la supposizione del disturbo viene avanzata dai parenti, dai vicini di casa, dagli amici: il soggetto interessato inizialmente stanchezza, malumore, sonnolenza. Quindi compaiono ansia intensa, agitazione psicomotoria con pallore, sudorazione, nausea, dispepsia ed iperpiressia notturna; nei casi piú gravi "quando i vermi salgono nell'esofago" vengono riferite crisi convulsive, ipersalivazione e bava alla bocca. A virmina viene diagnosticata e curata con un rutuale terapeutico che tende a ristabilire lo stato di quiete di quel qualcosa, i vermi, che si è mosso in seguito ad uno scantu. Per risolvere "i vermi smossi" ci si rivolge a delle figure terapeutiche che vengono chiamate "calavermi": si tratta di donne di quartiere o di campagna, depositarie di un sapere antico tramandatosi di generazione in generazione attraverso modalità rituali. Di solito queste curatrici hanno ricevuto "i segreti" da donne anziane sul punto di morte o, da nonne o zie durante la Notte di Natale o la festività di Pasqua. I calavermi non sono dei "maghi" ma delle persone conosciute e ben volute da tutti, il cui operato non è mai temuto. Non hanno appellativi che li connotino come "diversi": della loro presenza in un paese o del ricorso ad essi, quasi nessuno fa mistero. Semmai vi sono delle reticenze, esse sono dovute alla consapevolezza che certe "pratiche terapeutiche" sono "cose all'antica", valutate all'esterno come "bassa cultura". L'intervento del "calavermi" consiste in un rituale a cui partecipano i parenti, i vicini di casa, gli amici dell'ammalato; esso è caratterizzato da tre momenti fondamentali fortemente connessi tra di loro: a cicaredda, l'orazione e gli atti.

L'operatore diagnostica il male sulla base dei sintomi accusati, toccando l'epigrastrio dell'infermo (dove sono presenti i vermi annidati) e rilevando l'effettiva presenza dei vermi con la cicaredda: una tazzina di caffè unta nel bordo con olio ed aglio e capovolta sull'epigastrio. Se "i vermi ci sono" la tazzina non si staccherà e verrà successivamente tenuta pressata sullo stomaco in modo che l'odore dell'aglio possa stordire i vermi. Il momento verbale del rituale è costituito da una orazione (o scungiuru) seguita da una breve preghiera recitata collettivamente, quasi sempre una Ave Maria o un Gloria Patris. L'orazione non rappresenta una recita di parole, cioè un insieme di segni che rinviano a referenti, ma un insieme di significanti e significati che ha assunto in sé il referente: il mito non è solo la parte recitata del rito, ma è il rito recitato. La parola è la cosa che produce una cosa (Guggino, 1986). Tramite l'orazione si ingiunge ai vermi di scendere in basso nell'intestino, di acquietarsi. Spesso l'orazione non è rivolta solo ai vermi ma anche allo scantu: "scantu e vermi tutti una cosa sono". Durante la recita dell'orazione il calavermi si segna con la croce e lo stesso fanno i presenti; il segno della Croce viene fatto piú volte direttamente sul corpo dell'infermo, a partire dalla gola e scendendo via via fino all'epigastrio e all'addome. Il calavermi oltre ad utilizzare il segno della Croce si serve anche del massaggio con le mano unte di unguento a base di olio e di aglio effettua ripetuti massaggi per acquietare i vermi e farli scendere verso il basso. I vermi scenderanno piú facilmente in basso allorchè l'ammalato berrà una mistura a base di olio e aglio preparata dalle persone che partecipano al rituale. Alla fine gli esiti del rituale saranno sintetizzati nell'espressione: "era mortu co scantu, ci ficiru i vermi e stesi bonu". In taluni casi l'esito positivo sarà visto nella fuoriuscita dei parassiti dall'orifizio anale assieme alle fece: "i vermi calaru, calaru e si nni jenu" (i vermi sono scesi, sono scesi e se ne sono andati"). Il rituale terapeutico solitamente migliora le condizioni dell'infermo nel giro di qualche ora o giorno; se la cura non sortisce effetto è perchè lo scantu è stato "troppo forte" e i vermi si sono rivelati particolarmente resistenti ed aggressivi. In questo caso occorrerà ripetere il rituale: i vermi prima o poi verranno acquietati...

L'ideologia dello scantu esprime la cultura di una società, quella siciliana, alle prese con antichi problemi di sussistenza e di identità, in cui la memoria trascina con da divverse generazioni il rischio dell'esistere, soprattutto per quelle persone che dell'essere nel Mondo e nella Storia hanno sperimentato solo i momenti negativi, che non hanno mai assunto ruoli importanti (De Martino, 1976).

Gli elementi magici, in questa cultura rappresentano un sistema di difesa su un piano cognitivo tanto quanto su un piano rappresentativo ed operativo, rispetto ad un mondo e ad una natura vissuti come entità fondamentalmente ostili. Il magico - lo scantu, a virmina, il calavermi - è visto e percepito come un sistema di segni attraverso cui l'individuo decifra il confuso insieme di rapporti interpersonali, risolve le tensioni, assume un ruolo. Esso offre all'individuo un sistema cognitivo di interpretazione della realtà, uno strumento per superare le crisi della presenza proprie ed altrui, per liberare se stesso e l'altro dalla "tirrannia oscura del non-senso quotidiano" (Lanternari, 1995). L'evento vermi comporta il coinvolgimento attivo di un gruppo piú o meno esteso e di vicini di casa -una microsocietà- che drammatizza la vicenda in maniera tale da far dubitare del fatto che protagonista in realtà ne sia la singola persona affetta dal male. I vermi rappresentano, infatti, l'emergenza formalizzata di un disagio collettivo determinato sia dai rapporti interpersonali, sia da quelli con il mondo e la natura.

L'evento malattia diviene anche il punto di coagulo delle capacità reattive a tale disagio: da una parte, infatti, si riabilitano modi di essere solidali altrimenti compromessi nelle quotidiane relazioni parentali o di vicinato, dall'altro si sottrae all'esterno (al mondo e alla natura) ogni carico di effettiva responsabilità nel senso che "lo scantu è avvenuto per caso" o comunque perchè "cosí va il mondo". Un mondo che tuttavia "si sperimenta" ostile, minaccioso, destabilizzante, come la stessa ideologia dello scantu attesta. Una realtà esterna non negativa in se ma in relazione all'esperienza umana. Nel corso del rituale del calavermi si attua un processo di scambio simbolico tra ammalato e gruppo, e tra ambedue e l'esterno: e cosí attraverso una "terapia", indirizzata a quell'individuo infermo, si ristabilisce un benessere individuale, nel senso di benessere anche nel mondo (Galimberti, 1983).

*Medici e studiosi di etnopsichiatria, amici di Terra e Liberazione, gli autori di questa ricerca collaborano alla rivista universitaria "Formazione Psichiatrica".